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La crisi del quarto di secolo

La crisi del quarto di secolo: un problema di identità e come ritrovare noi stessi

La crisi del quarto di secolo, o crisi del quarto di vita (Quarter-Life Crisis ), è un periodo di incertezza e smarrimento che colpisce molti giovani tra i 20 e i 30 anni. Questo è infatti un arco di vita delicato in cui si verificano passaggi evolutivi fondamentali.

Si tratta di una fase nella quale si è chiamati a ricoprire nuovi ruoli e affrontare nuove sfide, ma dove al contempo le condizioni difficili possono innescare una crisi in ambiti come quello lavorativo, relazionale e identitario.

Ruoli sociali e identità

Le persone sono esseri sociali per natura, e la nostra società così come quelle di molte specie di animali, funziona attribuendo ruoli ai suoi componenti. Nel corso della vita ci identifichiamo quindi in diversi di questi ruoli, come maschio, femmina, studente, lavoratore, genitore o partner, ed essi contribuiscono a definire la nostra posizione nel mondo e la nostra identità.

Il passaggio da un ruolo all'altro, come ad esempio l'ingresso nel mondo del lavoro o la nascita di un figlio, sono tappe fondamentali della vita e possono essere un momento di grande cambiamento e di sfida. Questi momenti implicano da un lato la rinuncia alla nostra vecchia identità e al nostro ruolo precedente, e dall'altro la necessità di intraprendere una strada inesplorata, un nuovo ruolo, che comporta nuove responsabilità e un nuovo senso di noi stessi.

Se questo momento di passaggio viene ostacolato o non riesce a concludersi correttamente, può capitare di sentirsi inadeguati o insicuri rispetto al nuovo ruolo da ricoprire, e questo può a sua volta portare da una crisi di identità.

Cosa accade tra i 20 e i 30 anni?

All’età dei 25 anni circa si è ormai conclusa la fase dell'adolescenza e della giovinezza e si ci prepara ad immettersi nel mondo degli adulti, fatto da responsabilità e situazioni nuove che ci mettono alla prova. Se di per sé questa è già una grande sfida, può essere resa ancora più difficile dalla pressione che gli standard sociali e le aspettative familiari esercitano su di noi.

Ora, le sfide e i nuovi ruoli riguardano principalmente due ambiti fondamentali per la nostra vita: Il lavoro e gli affetti.

Da un lato abbiamo l’entrata del mondo del lavoro che è una fase molto importante, per ovvi motivi. La posizione lavorativa è quel ruolo che ci attribuisce valore all'interno della società, determina il nostro status, la nostra indipendenza economica ma soprattutto ci da i frutti di tutto l'impegno messo in anni di formazione. Scegliere un percorso di formazione significa in un certo senso iniziare a costruire la propria identità futura, che dovrà essere riconosciuta concretamente dalla posizione lavorativa. Quando questo non accade per via di insuccessi personali, di mancanza di opportunità o per via di un settore saturo, si ci può sentire come se il mondo rinneghi noi stessi e il ruolo per la quale ci eravamo preparati.

Dall'altro, anche il nostro mondo relazionale attraversa un momento di evoluzione. Superata la fase adolescenziale nella quale spesso si combatte per la propria autonomia e indipendenza dalla famiglia, si avverte ora la necessità di creare delle relazioni stabili. La sfida che dobbiamo affrontare è quella di integrare l'idea di un sé idealmente forte ed indipendente, frutto della maturazione in adolescenza, con i nuovi bisogni di empatia e di legame con gli altri. Gli ostacoli che rendono questa sfida ardua sono i naturali momenti di difficoltà come le sofferenze d'amore o le amicizie che si rompono, e sono momenti che ci possono far pensare che è meglio vivere da soli, anche se in fondo sappiamo che non è così.

Ciò che in generale si avverte, è quindi una la sensazione di insicurezza e di astrattezza verso il proprio futuro e la sensazione di distacco dal nostro passato. Si ci sente cioè senza identità e alla deriva degli eventi e dell'ignoto. Il nostro naturale passaggio alla successiva età evolutiva si blocca, facendoci sentire in crisi.

Quali sono le cause?

Alcuni direbbero che i giovani d'oggi sono pigri e viziati, ma questa è chiaramente una risposta semplicistica a un fenomeno sociale complesso. Da cosa può avere origine tutto questo? Probabilmente è un mix di fattori. In passato, quella tra i 20 ed i 30 anni era con ogni probabilità un'età più scorrevole. Il lavoro era una realtà meno irraggiungibile rispetto ad ora, e le relazioni intime erano più profonde, durature, e vissute con maggiore sicurezza.
Vediamo cosa può essere cambiato:

- Un mondo del lavoro più esigente: La società odierna è diventata più competitiva e selettiva rispetto al passato. Il mercato del lavoro è saturo in molti settori, e le richieste da parte delle aziende sono sempre più elevate. È quindi facile immaginare come i giovani possano sentirsi sotto pressione e sperimentino un senso di incompletezza perenne di fronte ad una realtà lavorativa che ci dice che non siamo mai abbastanza e nulla è garantito.
- Affetti distanti e solitudine: Nel vortice frenetico della vita quotidiana, i rapporti interpersonali ne risentono. Le amicizie storiche si allontanano, le relazioni sentimentali diventano complicate e la famiglia non sempre è in grado di comprendere le difficoltà di questo periodo. La solitudine diventa un compagno di viaggio silenzioso e ingombrante.
- I social e l'illusione della perfezione: I social media amplificano il senso di inadeguatezza. Immagini di vite perfette, successi professionali e relazioni idilliache creano uno standard di vita irrealistico che mina l'autostima dei giovani. Il confronto con vite apparentemente migliori genera frustrazione e invidia, alimentando la sensazione di essere indietro rispetto agli altri.

Tirando le somme, la crisi del quarto di secolo può essere una fase invalidante e di sofferenza, ma è comunque un momento evolutivo spontaneo che tutti affrontiamo. I dilemmi che ci si prospettano di fronte, probabilmente non si possono risolvere subito e con poco sforzo. Sia il mondo del lavoro sia le relazioni sono ambiti di vita soggetti a cambiamento continuo, e nessuno può mai dire di aver "terminato" il suo ciclo di nuove esperienze. È più saggio probabilmente cercare di gestire il modo in cui tali cambiamenti si verificano e l'impatto che hanno su di noi, e su questo non si può scrivere una guida definitiva perché ognuno è unico e ha necessità soggettive.

Molto spesso però, vedere il problema sotto una luce diversa o cambiare il modo con cui si reagisce ad esso può essere un valido aiuto. È necessario per prima cosa accettare i bisogni che sentiamo, cosi come accettare noi stessi. Certe cose richiedono tempo e pazienza. Identifica ciò che è importante per te e concentrati sui tuoi obiettivi, ricordandoti sempre che non è un ruolo che determina chi sei o le tue potenzialità.

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